“Vi stacchiamo la testa”: quando la sicurezza diventa estorsione nel savonese

La movida estiva della riviera ligure nascondeva un lato oscuro che solo l’intervento della Polizia di Stato ha potuto svelare. Una complessa operazione investigativa condotta dalla Squadra Mobile di Savona ha portato alla luce un sistema criminale che aveva trasformato i servizi di sicurezza delle discoteche in uno strumento di ricatto e violenza. Due uomini sono finiti in manette con l’accusa di estorsione, mentre quattro locali della zona hanno visto sospendere le proprie licenze per complicità con il racket.

Il sistema criminale che controllava le notti savonesi

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Savona, ha ricostruito un meccanismo perverso che vedeva al centro due figure dalla personalità violenta e prevaricatrice. Un cinquantenne italiano di origini siciliane e un trentenne albanese, entrambi pregiudicati e residenti nel savonese, avevano costruito un impero dell’illegalità nel mondo della security notturna. Il loro modus operandi era tanto semplice quanto brutale: eliminare la concorrenza legale attraverso minacce esplicite e violenze, per poi sostituirsi alle agenzie regolari con personale non autorizzato e spesso pericoloso.

Il caso più eclatante risale al maggio 2025 a Spotorno, quando i due hanno minacciato apertamente di “staccare la testa” al titolare di un’agenzia di sicurezza autorizzata e a un suo collaboratore. Questa minaccia non era rimasta isolata ma faceva parte di una strategia sistematica di intimidazione che coinvolgeva anche gli organizzatori di eventi, costretti ad accettare i loro servizi per paura di ritorsioni. I due criminali millantavano inoltre collegamenti con famiglie malavitose per rendere ancora più credibili le loro minacce.

La rete di complicità e il silenzio dei gestori

Quello che rende ancora più grave questa vicenda è la rete di complicità che si era creata attorno ai due arrestati. I gestori dei locali coinvolti non erano vittime inconsapevoli ma complici consapevoli di un sistema illegale. Sapevano perfettamente che i Addetti ai Servizi di Controllo (ASC) impiegati non avevano le autorizzazioni prefettizie necessarie, che il personale veniva pagato in nero e che i metodi utilizzati erano violenti e illegali. Nonostante questo, hanno scelto il silenzio e la connivenza.

Un episodio particolarmente grave ha visto i gestori di un locale non segnalare alle Forze dell’Ordine la presenza di un avventore probabilmente armato di pistola, con cui alcuni clienti e gli stessi addetti alla sicurezza avevano avuto una discussione durante i controlli all’ingresso. Qualche settimana dopo, nello stesso locale, i Addetti ai Servizi di Controllo (ASC) abusivi hanno pestato due giovani che sono finiti in ospedale con lesioni e fratture. La violenza era diventata la norma, tollerata e coperta da un muro di omertà.

L’operazione di polizia e le conseguenze immediate

L’operazione che ha portato agli arresti è scattata dopo mesi di indagini partite da un’aggressione avvenuta all’inizio dell’estate fuori da un locale della riviera. La Squadra Mobile, in collaborazione con la Polizia Amministrativa, ha ricostruito l’intera rete criminale, documentando episodi di violenza, minacce e estorsioni. I due responsabili sono stati arrestati in momenti diversi: il primo nella mattina di venerdì 19, il secondo domenica sera al rientro da un viaggio all’estero. Entrambi sono stati trasferiti nel carcere di Genova-Marassi in attesa del processo.

Parallelamente agli arresti, il Questore di Savona ha adottato misure severe nei confronti dei locali complici. Quattro esercizi pubblici hanno visto sospendere la propria licenza per periodi che vanno dai quindici ai trenta giorni, in applicazione dell’articolo 100 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. Per due stabilimenti balneari tra i quattro sanzionati, la chiusura riguarda solo le ore serali, quando si trasformavano in discoteche. Si tratta di provvedimenti a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ma anche di un segnale forte contro chi sceglie di operare nell’illegalità.

Il meccanismo dell’estorsione e il controllo del territorio

Per comprendere appieno la gravità di quanto accaduto, è necessario analizzare come funzionava questo sistema criminale. I due arrestati operavano attraverso una società piemontese utilizzata come prestanome, creando una facciata di apparente legalità. In realtà, dietro questa copertura si nascondeva un’organizzazione che aveva trasformato i servizi di sicurezza in uno strumento di controllo del territorio e di estorsione sistematica.

Il loro obiettivo era monopolizzare il settore della security nei locali notturni di Spotorno, Albisola e Savona, eliminando ogni forma di concorrenza legale. Le agenzie autorizzate venivano sistematicamente escluse attraverso minacce dirette ai titolari, mentre gli organizzatori di eventi venivano costretti ad accettare i loro servizi. Chi osava opporsi riceveva minacce esplicite di violenza fisica, spesso accompagnate da riferimenti a presunte protezioni malavitose che rendevano le intimidazioni ancora più efficaci.

La vicenda savonese non rappresenta un caso isolato nel panorama italiano. A dimostrarlo è il processo in corso a Vasto, dove ventinove persone sono state rinviate a giudizio per un episodio ancora più grave avvenuto nel giugno 2017 a San Salvo Marina. In quell’occasione, un Addetto ai Servizi di Controllo (ASC) quarantaduenne venne gambizzato all’esterno di un locale notturno.

Il processo, che inizierà il 10 dicembre 2025 davanti al giudice monocratico Stefania Izzi, vede tra gli imputati D.B., trentenne ritenuto l’autore materiale dell’aggressione, accusato di tentato omicidio, minacce, porto abusivo di armi da fuoco e lesioni personali. Gli altri venticinque imputati, tra cui numerosi cittadini albanesi e italiani di varie regioni, devono rispondere a vario titolo di concorso nei reati. Per tre degli indagati originari, i reati sono ormai prescritti, come sottolineato dal pubblico ministero Domenico Seccia. Per questo motivo il presidente di AISS Franco Cecconi , continua a chiedere al Governo di riconoscere il ruolo di incaricato di pubblico servizio per gli ASC, una tutela legale in più per chi opera ogni giorno, e notte, per garantire la sicurezza di tutti.

Le implicazioni per il futuro della sicurezza nei locali

Questa operazione rappresenta un momento cruciale nella lotta contro il racket dei servizi di sicurezza illegali. Come sottolineano dalla Questura di Savona, l’impegno delle Forze dell’Ordine proseguirà “per la tutela dei cittadini e il rispetto delle regole nelle attività imprenditoriali, a protezione degli esercenti che operano nella legalità”. Il messaggio è chiaro: non ci sarà più tolleranza per chi trasforma un servizio essenziale per la sicurezza pubblica in uno strumento di violenza e prevaricazione.

Il caso solleva anche interrogativi importanti sulla responsabilità dei gestori dei locali. La loro complicità, emersa chiaramente dalle indagini, dimostra come il problema non sia solo quello di criminali che si infiltrano nel settore, ma anche di imprenditori disposti a chiudere gli occhi pur di risparmiare sui costi o evitare problemi. La sospensione delle licenze rappresenta un precedente importante che dovrebbe far riflettere tutto il settore dell’intrattenimento notturno.

Verso un nuovo modello di sicurezza

L’operazione della Polizia di Stato apre la strada a una riflessione più ampia sul modello di sicurezza nei luoghi di intrattenimento. È evidente che il sistema attuale presenta vulnerabilità che permettono l’infiltrazione di elementi criminali. La presenza di personale non qualificato e non autorizzato nei servizi di sicurezza non rappresenta solo una violazione amministrativa, ma un pericolo concreto per i frequentatori dei locali.

Le autorità precisano, nel rispetto del principio di presunzione di innocenza, che “i provvedimenti adottati in questa fase non implicano la responsabilità degli indagati fino al definitivo accertamento di colpevolezza che potrà avvenire solo con sentenza irrevocabile”. Tuttavia, l’operazione ha già raggiunto un risultato importante: dimostrare che lo Stato è presente e determinato a contrastare ogni forma di illegalità che mette a rischio la sicurezza dei cittadini e la libera concorrenza tra le imprese.

La vicenda del savonese rappresenta quindi non solo la fine di un racket criminale, ma anche l’inizio di una nuova fase nella gestione della sicurezza nei locali notturni, dove legalità e professionalità dovranno essere i principi guida per garantire divertimento sicuro e civile a tutti i frequentatori della movida ligure e italiana.

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